Cassazione: essere familiari non basta per viaggiare su un autocarro
La Corte di Cassazione, con ordinanza n°10853 del 08/05/2013 sezione VI civile, ha ravvisato la violazione dell’art. 82 del C.d.s., che punisce la destinazione o l’uso del veicolo in maniera difforme dalla carta di circolazione, quando sull’autocarro viaggino soggetti estranei al servizio di trasporto, anche se questi ultimi siano componenti dell’impresa familiare di cui fa parte anche il conducente alla guida.
In concreto, partendo dalla definizione di autocarro contenuta all’art. 54, lettera D del C.d.s. (“gli autocarri sono veicoli destinati al trasporto di cose e delle persone addette all’uso o al trasporto delle cose stesse”), la Suprema Corte ha affermato che le circostanze che il passeggero sia legato al conducente da un rapporto di parentela e che appartenga alla stessa impresa familiare, di per se stesse, non giustificano il trasporto sullo stesso veicolo; occorre invece dimostrare (agli agenti di polizia e, eventualmente, in giudizio) che la presenza a bordo di un altro soggetto sia dovuta allo svolgimento di operazioni accessorie al trasporto (ad es., delle attività di carico e scarico della merce). Infatti, se così non fosse – prosegue la Corte – da ciò “discenderebbe la possibilità del libero utilizzo di un autocarro a fini diversi da quelli del trasporto merci, soltanto grazie all’artificio di intestarne la proprietà a più soggetti, in numero anche elevato”.
La sanzione pecuniaria prevista è, tutto sommato, modesta ma le sanzioni accessorie la rendono comunque pesante. Gli euro da pagare entro i 60 giorni sono infatti solo 84,00 a titolo di sanzione principale ma a questa consegue la sospensione della carta di circolazione da 1 a 6 mesi (e da 6 a 12 in caso di recidiva) e la segnalazione per illecito fiscale in quanto la tassa di possesso (bollo) ha diverso ammontare a seconda dell’uso del veicolo.